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RESTI DI UMANITA’. A ) “Muro”
Muro o.
MARZO 2020
Questi mesi, camminando come alle volte faccio, nelle zone intorno casa, tra molti spazi di molto verde azzurro fiorato, lungo il ciglio della strada, tra le ciglia del mio sguardo preoccupato osservavo i muri, che, dove incontrano gli asfalti, oggi sono sempre più lordi, di resti ignobili di umanità. Ed adesso so che mi sentivo forse più muro. Poi ho cominciato a vedere le piante, i rametti, gli spelucchi, che spontaneamente li bucano, superano, invadono. Ma non riuscivo a sentire quei compagni di esistenza, mi sentivo invece quelle costruzioni, quei manufatti di essere umano, quelle cose. Quelli di cui si dice tanto. Con le spalle al muro, murato vivo, un muro nel cuore, alte mura, sei come un muro, alziamo un muro, abbattiamo un muro. Cosa insomma. Oggetto di limite e durezza, ostacolo e impossibilità, lotta e assenza di destino e di orizzonte.
Non ero le erbe spontanee e le innumerevoli possibilità di colori che esprimevano, apparentemente senza sforzo.
Non era la chiusura forzata a causa del Covid 19, no.
Era tutto quello che si era avvicendato prima, che prima si era sedimentato in costruzione e ostruzione, si era ruzzolato fino al ciglio delle mie strade, bloccandomi, sforzandomi, impanicandomi. I muri sono il mio specchio, in questa linea che ha tracciato per sempre il piccoletto, il virus.
Lo specchio della tenaglia che da sempre avvinghia il mio stomaco.
Ne ho fotografati tanti, li ho messi uno accanto agli altri, li ho guardati e ancora ne soffro. Muri muri e solo muri.
Cosa sarà la mia vita, se non avrà almeno tentativi di germogli, di nuovo, di nuovo, come eppure poco tempo fa, di nuovo: erbe spontanee , o colori, che sferzano via i resti di umanità.
Pure sui muri, come le piante, spelacchiate e linde. Ostinate e vive. Si sgretolerà il muro, forse, si ri-spalancheranno allora le finestre a dare aria per la madre terra e per il Teatro.
L’amore per l’Ambiente e il Teatro, erano le finestre e si sono murate così proprio in me, precipitate muro come quelli manufatti.
Il teatro brucia di brame personali inaridito di fame di denaro invisibile.
L’Ambiente cammina sul filo della relazione con l’essere umano, finito.
Quanto dolore, quanta inutilità di parole, dovremo ancora scavalcare tutti. Quanta ostinata presunzione, quanta paura, quanti sensi violentati. Quanta becera inutile ipocrisia. Basterebbe essere un virus, indomabile, invincibile, piccoletto, ovunque. Anziché giganti murati.